Partire tornare ... ripartire ritornare ... in un continuo inarrestabile viaggiare

30 marzo 2007

ROMA MILANO 17-26 FEBBRAIO 2006

Continuo a volare.
Ormai so quello che c’è da sapere, o meglio, so che se mi dicessero esplicitamente come stanno davvero le cose, forse su un aereo, non dovrei neanche salirci. Ma non me lo dicono, e la gestualità e le parole dell’hostess le interpreto come una scena teatrale da arricchire di risvolti comici.
Via con le cinture, coi sentieri luminosi, con le uscite di sicurezza. Vorrei complimentarmi con la signorina per l'utilizzo dell’espressione “in caso di necessità”. La sua delicatezza mi commuove, del resto un più diretto “se si rompe l’aereo ed incominciamo a precipitare, le mascherine per l’ossigeno scenderanno da sole”, provocherebbe fughe in massa dal velivolo, e non sarebbe proprio una furbata, dal punto di vista delle strategie di marketing. La mascherina va posizionata prima di prestare aiuto al vicino, e così, ti ritrovi a lanciare un’occhiatina al tizio del posto effe, per verificare se dall’aspetto, dà l’idea di uno autonomo, che sa sbrigarsela da solo. Il giubbotto giallo sta sotto la poltrona. Ti fidi, e per questo non hai mai controllato. Va indossato solo in caso di ammaraggio, e qui pensi che se qualcuno dovesse, in quelle circostanze, sbirciare dal finestrino per sincerarsi sul dove si stia cadendo, non ha tutti i torti, e urlargli “ma ti sembra il momento di guardare il panorama”, è fuori luogo. Per gonfiarlo bisogna tirare l’apposita cordicella o, come seconda opzione, soffiare nei tubicini, e questo va fatto, mi raccomando, solo dopo l’uscita dall’aereo, per occupare il tempo e non annoiarvi mentre calate giù da dodicimila piedi.
L’aereo prende quota.
Continuo a volare.
Viaggi tra le nuvole, in mezzo ai tramonti, nel buio della notte, con le luci dell’alba, ed allora io, coi piedi ben piantati a terra, ho paura di NON volare.

26 marzo 2007

FEDELTÀ PUNTO E ACCAPO

Supermercati Esselunga di Milano, un mito cittadino. La mia poi, quella di viale Papiniano è storica, perché filiale innovativa, e famosa, perchè piena di modelle, nel pensiero maschile, di ottimi partiti, nel pensiero femminile, in sintesi piena di single propensi all’accoppiata, nel pensiero di tutti. Non a caso le porzioni monodose le hanno inventate qui, ma sono porzioni abbondanti onde evitare che ad un rimorchio in fila alla cassa segua una dipartita per fame! Vi confesso che l’Esseluga mi manca. Non tanto per l’acchiappo, anche perché sul carrello non ho mai caricato nessuno, ma per la spremuta di mandarini, il salmone affumicato, i biscottini belgi, il riso basmati, il gelato allo yogurt.
Chiacchierata in quel di Milano e soffiata. Se non prenoti i premi entro aprile, perdi tutti i punti accumulati sulla tessera. La notizia è di quelle degne di considerazione,ed al rientro in terra natia, on line procedi. Inserendo il numero della tessera verrà visualizzato l’elenco degli articoli tra cui scegliere. Ok. Tessera non valida. Stai scherzando, vero? Riproviamo. Tessera non valida. Non scherzare, dai, tirami fuori i premi che non ho mai preso nulla perché puntavo in alto. Insomma una padella, carina è carina, ma anni e anni di spesa meritano un regalone. Tessera non valida. Numero verde funzionante, non a caso l’Esselunga è l’Esselunga:
“Guardi la sua tessera è stata annullata perché non l’ha più usata per due anni”. Cavolo! Io non ho più i miei punti? E soprattutto io non ho più la tessera dell’Esselunga? Cioè mi state dicendo che il rettangolino verde che per anni è stato nel mio portafoglio tra la foto di mamma e il biglietto del cinema del primo bacio non serve più a nulla? NOOOOOOOOOOOOOOOOOOO! Urlo il ciclope sì tremendo mise. E tanto l’antro rimbombò, che noi qua e là ci spargemmo impauriti. Insomma si può sopravvivere a tutto, ma la perdita della tessera no. Perchéèèèè? Perché non ho più fatto la spesa all’Esselunga, bastava un pacchetto di clinex, per interrompere la decorrenza dei termini. Io poi che ci campo con le prescrizioni e le decadenze. Non mi do pace!

23 marzo 2007

PURIFICAZIONE


Questo blog ha aderito al SHUTDOWN DAY, pertanto niente internet per 24 ore, magari anche 48. E quando dico niente è niente, chiaro????

18 marzo 2007

REALMENTE FINTO

Ritratti freddi, geometrici, quasi sospesi. Immobili, dentro le stanze, lungo le strade. Dominati da un’apparente tranquillità. Tranquillità apparente. Vivere senza disordini emozionali. Apparentemente. Precisione estrema di linee. Contorni definiti. Ordine. Tutto è al suo posto. Corpi ben appoggiati al pavimento.
Ma intorno c’è il resto. Il resto che vibra, che si fa sentire, che è inquietudine interiore, che è atmosfera magica. Altra dimensione, altra vita, doppia vita.
Freddi, geometrici, perfetti, statici, tranquilli. Apparentemente tranquilli. Saltimbanchi, giocolieri, cantanti, ragazze, spose, esasperatamente reali, irrealmente fissi. Ritratti puliti, immagini nitide.
Ma è qui l’illusione. C’è il trucco. Bisogna guardare al di là dell'apparenza. Sentimenti nascosti, ma veri, che scuotono. Sentimenti visibili, ma finti, che non valgono nulla. E così ci si accorge, a volte, quanto sia lontano ciò che sembra dalla realtà, quanto sia vicina la finzione, quanto sia caotico l'ordine, quando tutto è falsità.
Antonio Donghi, artista poco noto, esponente del Realismo Magico.

11 marzo 2007

SPAZIO FORMA


Alcune aree espositive mi coinvolgono particolarmente, perché frutto del recupero di spazi in precedenza destinati ad altri fini, e per la mescolanza di più ambienti.
Spazio Forma è uno di questi. Ospitato all’intermo di una parte dello storico deposito dei tram, ancora funzionante, in zona Ticinese, ne mantiene la continuità grazie ad una vetrata panoramica sui binari di ingresso dei mezzi dell’ATM. È contemporaneamente luogo espositivo, libreria, scuola, club, ristorante.
Henri Cartier-Bresson ha peregrinato per il mondo, segnalando somiglianze, differenze, comportamenti, riti, dei vari paesi. Ha assistito ad eventi epocali, meritando l’appellativo di occhio del secolo. Ha fotografato personaggi famosi e gente comune. Raccontava "l'avventuriero che è in me, mi ha obbligato a testimoniare con uno strumento più rapido le cicatrici di questo mondo", “se nel fare un ritratto si pensa di cogliere il silenzio interiore di una vittima consenziente, è assai difficile introdurre tra pelle e camicia la macchina fotografica, è l'atteggiamento furtivo di un incontro che consente lo scatto”.
Per Cartier-Bresson non si può imparare a fotografare, perché fotografare è un modo di vedere, ed è anche un modo di vivere. La macchina fotografica non è che un mero mezzo col quale fissare la realtà, che solo lo sguardo può catturare. La sua Leica diventa "un prolungamento dell'occhio" che può essere, a seconda delle occasioni, "un revolver, oppure il divano di uno psicanalista".
Ed intanto, io continuo a fotografare, senza sapere come si fa, e a vivere.

09 marzo 2007

MOVIMENTO

Osservo me per qualche minuto. Seduta alla scrivania. Le gambe sono incrociate a buddha. Mi capita di afferrare la caviglia con le mani. Sollevo il ginocchio destro. Ruoto il busto verso la finestra. Allungo il collo per sbirciare meglio il cielo. Le dita toccano la tastiera. Le incrocio mentre leggo. Mi mordicchio le labbra. Il palmo della mano sinistra ricopre interamente la mia guancia. Ho spostato un piede fino ad incastrarlo e farlo prigioniero di me. Ho allungato la gamba per poi ripiegarla ad angolo retto, e lasciar poggiare a terra il piede libero. Mi muovo. Muovo tutto il mio corpo, per dargli vita, per disegnare figure. Penso a posizioni più complesse, sbizzarrendomi nelle contorsioni. Ci sono delle posture che prediligo. Altre che ho rappresentato una sola volta. Altre ancora da sperimentare.
“Tutto si muove, tutto corre, tutto volge rapido... Una figura non è mai stabile davanti a noi, ma appare e scompare incessantemente. Per la persistenza dell'immagine nella retina, le cose in movimento si moltiplicano, si deformano, susseguendosi, come vibrazioni, nello spazio che percorrono. Così un cavallo in corsa non ha quattro gambe: ne ha venti". Partendo da questa premessa teorica, Umberto Boccioni riesce a tributare alle arti visive, immobili per costituzione, la continuità del moto. Egli individua nel movimento fisico, inteso come velocità, il fattore di coesione tra oggetto e spazio, in grado di rendere il dinamismo più emozionante.
Ho camminato attraverso le sale della mostra. Il mio corpo in moto tra gli oggetti immobili. L’atmosfera dello spazio tagliata dal mio incedere. Forma unica.
Il biglietto di ingresso avrei dovuto pagarlo solo con monete da venti centesimi di euro della Repubblica Italiana!

01 marzo 2007

EMME COME MILANO

È lì, ferma nel suo movimento. Si lascia guardare e ti ricomincia ad amare, come se non l’avessi mai lasciata. Ma tu non l’hai lasciata, l’hai solo salutata. E lei lo sa.
Quando torno a Milano, ho ogni volta la stessa sensazione, di continuità, come se non ci fosse stata alcuna interruzione, perché la città mi ha abituato, fin dall’inizio, al suo trasformismo. Milano cambia sempre, e cambiando non cambia mai, perché il cambiamento è Milano. Dove c’era un negozio ora c’è una banca, dove una banca un fast food, dove un fast food un negozio, ma la Madonnina è sulla guglia più alta e nessuno la tocca. Milano sposta le sue pedine, mescola il suo mazzo di carte, ma non ti confonde, la riconosci, anche se torni dopo mesi, perché quando ci vivi, lei fa lo stesso, ed è capace di mutare in pochissimi giorni.
Piazza Duomo è sempre un po’impacchettata, non l’ho mai vista libera. Ormai le impalcature che ruotano a ridosso delle facciate, ricoperte di cartelloni pubblicitari, sono parte integrante di questo spazio.
In corso Vittorio Emanuele un giapponese ha fotografato me che camminavo, mentre parlavo con l’auricolare, reggevo sacchetti, guardavo vetrine, salutavo con la mano, sceglievo il film della serata, controllavo l’ora, pensavo alla mamma.
Le Colonne di San Lorenzo sono il mio aperitivo.
Il Parco delle Basiliche rivede un uomo che portava la mia mano nella sua ed era capace, con gli occhi, di fare l’amore con me per strada.
Tra i Navigli si scava, la Milano sotterranea che scende di quattro piani per costruire box auto.
La metropolitana, rossa, verde, gialla, blu, sa che non la amo molto e sa che se la prendo è perché davvero ne ho bisogno.
I tram sono divertenti.
Le strade di Milano e i suoi marciapiedi conoscono il mio pedalare, le mie biciclette rubate, e l’ostinazione con cui le ho ricomprate, perché non potevo farne a meno. Pedalare mi permetteva di parlare con la mia anima quando, lungo i canali meneghini, andavo ad Assago a lavorare o quando gironzolavo con o senza meta per la mia zona, Ticinese, con la sua porta e la sua piazza 24 Maggio, difficile da attraversare ma, con un albero secolare che i distratti non guardano.
Milano racchiude più di dodici anni della mia vita.
Milano è in bianco e nero solo per chi non sa
vederne i colori.