Partire tornare ... ripartire ritornare ... in un continuo inarrestabile viaggiare

22 febbraio 2007

UN VIAGGIO DI PAROLE

Su questa terra c'è un serio, ma per nulla serioso architetto che aveva doti da blogger e non lo sapeva. Il signore in questione, aiutato ad esternare le sue qualità nascoste, ora cammina da solo e si sta allargando, fin troppo, fregandoci tutti! Adesso ha avuto un'idea che per sintonia con l'argomento di questo blog, di diritto sarebbe dovuta essere mia, ed invece è sua!
Si viaggia nel web, attraverso 5 blog, per raccontare una storia scritta da Domenico Cogliandro.

CENTRO ISTERICO 3


........ Sulla questione della Cattedrale devo, inoltre, aprire uno spiraglio d’aria. Il nome non è scelto a caso. Nell’apparentemente disarticolato tessuto urbano della Vucciria, una sorta di rettangolo che pare costruito col manuale del Tangram - recinto a monte da Via Maccheronai, a valle dalla concavità della Cala, a meridione dalle vie dei Cassari e dell’Argenteria e a settentrione da Via Meli e dalla Chiesa di San Domenico - si snocciolano, come i grani di un rosario, ben sette edifici religiosi, chiese (chiuse) che, dovrebbero rispondere col loro silenzio al lumicino religioso che ancora rischiara il cuore degli abitanti del quartiere. Chiesa di Sant’Andrea, orapronobis, Chiesa di San Nicolò lo Giurgo, orapronobis, Chiesa di Sant’Eligio, orapronobis, Chiesa della Madonna del Lume, orapronobis, Chiesa di Santa Maria la Nuova, orapronobis, Chiesa di San Sebastiano, orapronobis. Questi i misteri dolorosi. Ma in un mistero gaudioso compare la Chiesa di Sant’Eulalia dei Catalani, nata per essere tale ed oggi dedicata ad altro santo, spagnolo e letterato: tale Miguel Cervantes. Insomma, meglio così che nulla: la chiesa, appartenente da mezzo millennio alla Spagna è un’enclave iberica dentro il territorio italiano, è stata di recente trasformata in centro culturale che nulla può, ahinoi, per sopperire la voglia di “cattolicità” dei residenti. Sicché, va sottolineata la cura dell’artista di raggiungere un obbiettivo che potesse, provocatoriamente, restituire a quella porzione di città un barlume di rappresentazione religiosa condivisa. Non è che manchi: ogni angolo di strada, di negozio, di case di cui s’intravede l’interno e, addirittura, di mezzi motorizzati, accoglie immagini, santini, quadretti, edicole, padrepii, madonne e rosalie, che sopperiscono, in fieri ma concretamente, all’assenza. Quel che manca è la presenza di una “chiesa”, nel senso di luogo fisico e di comunità, che si riunisce attorno ad uno stesso fuoco. Dietro l’esplosione aurorale, Uwe aveva posto un’enorme croce in cassette di plastica colorata che sfidava, e ammoniva, chiunque passasse dalla piazza. Si racconta, lo devo proprio dire, di un episodio simpatico e sintomatico. Italia-Francia, finale dei mondiali di Germania, stillicidio dei rigori. Ogni piazza, angolo, slargo, cortile, giardino, terrazzo, marciapiedi, locale della città di Palermo era connesso alla partita per via di televisori e sistemi di proiezione, dai micro agli extralarge, che prolungavano, e condividevano, con un pubblico di varia estrazione, da residenti e avventori abituali a turisti e nomadi d’antico lignaggio, l’ambito privato del salotto o del tinello. Bisogna averlo vissuto per poterci credere: ogni dieci metri un televisore emanava radiazioni visive e sonore, e ogni dieci metri un pubblico sempre diverso s’assiepava accomodato, appoggiato, in equilibrio instabile o deambulando per sperare nel miracolo dopo oltre vent’anni. E allo scoccare dell’ultima possibile chance, non sprecata, due vecchietti, presenti alla proiezione collettiva di Piazza Garraffello, si sono voltati verso la grande croce di plastica realizzata da Uwe, l’hanno guardata e si sono segnati col padrefiglio e spiritosanto. Nulla di profano, nulla di blasfemo: era l’unico elemento cui dedicare il rito ancestrale del ringraziamento, non un’opera, dunque, campata in aria.
Ne ho lette, poi, di tutti i colori su questa questione, contro o a favore dello smantellamento. Le notizie avevano più o meno questo tono: ‘Stamattina un intervento coordinato della Polizia municipale, dei Vigili del fuoco e degli uomini dell’Amia ha iniziato a rimuovere i rifiuti accumulati da Uwe Jäntsch, artista austriaco, al primo piano del palazzo diroccato Lo Mazzarino Merlo. I rifiuti formavano un’installazione strettamente legata alla comunità della Vucciria, da cui provenivano. Jäntsch rischia una denuncia per occupazione abusiva di area demaniale.’ In realtà il palazzo indicato stava di fronte, e anch’esso era sede di una installazione messa su mesi prima, dall’alto, da Uwe, da solo, con qualche dozzina di gabbiette verdi della birra Forst. La cattedrale gli stava di fronte, piuttosto. Ma chi dà la notizia non deve essere preciso, no, deve raccontare un fatto. Oppure: ‘Alcuni camion dei vigili del fuoco, dotati di scala estensibile, e una quarantina di persone tra vigili urbani, uomini dell’Amia e operai comunali hanno portato via tutto (ben quarantacinque metri cubi di rifiuti), in un blitz della polizia municipale per la bonifica del quartiere che ha coinvolto anche l’installazione di Jäntsch in quanto considerata pericolosa e priva di autorizzazioni.’ Insomma, erano lì per fare pulizia e, visto che si trovavano, hanno fatto anche gli straordinari. Per quanto si possa chiamare blitz un’operazione, come dice il dizionario, “militare o poliziesca improvvisa ed eseguita con eccezionale rapidità”, alla stessa maniera un blitz non può essere un’operazione improvvisata e, laddove interessi enti pubblici e di pubblica utilità, necessita di un ordine di servizio, di qualcuno che se ne assuma la responsabilità, di altri che coordinino il da farsi. In due parole, probabilmente l’azione era programmata da tempo perché qualcuno (non credo della Vucciria, forse il proprietario di uno degli immobili che sulla piazza affacciano) ne aveva richiesto l’esito. La cosiddetta Loggia dei Catalani, sede della Cattedrale, è infatti di proprietà comunale, lo abbiamo detto: e come mai i vigili del fuoco, l’Amia, i vigili urbani e il Comune, e i loro uffici tecnici, ci hanno messo quasi cinque mesi per notare che qualcuno, a torso nudo e calzoncini, alla luce del giorno, con tanto di banchetto installato, iperfotografato dai turisti, di cui i giornali cittadini riportavano le gesta, in cronaca e in cultura, stesse approntando un’opera scultorea monumentale tale da diventare una delle aree più visitate del centro storico? Gelosia degli addetti alla Zisa? La domanda è un’altra: come mai si è dato spazio per cinque mesi ad un cittadino austriaco di operare indisturbato su un’area del demanio? E come mai, inoltre, durante lo stesso blitz lo staff pubblico ha inteso operare il trasferimento ad altra sede, magari più consona, delle 130 gabbiette di birra che troneggiavano, da molto più tempo e senza paura di poter cadere, da un edificio privato?
Continua...

15 febbraio 2007

AMBULANTI

Sono venditori di strada, ma capaci di disporre la gente a semicerchio e di calamitare la loro attenzione. Sono gli ambulanti artisti. Il loro teatro è un pezzo di suolo pubblico, la scenografia è la stilizzazione di un ambiente domestico, il pubblico i potenziali acquirenti. Vanno in scena con repliche continue.
Ho sempre voluto credere che a loro non interessi vendere ma intrattenere, che siano soddisfatti di offrire storie.
Solitamente hanno un unico prodotto come mercanzia, ma dai poteri strabilianti, perché in grado di semplificarti la vita. E così ti narrano che è l’ultima rivoluzionaria scoperta dello scienziato gnomo della foresta incantata, è il prodotto multiuso per eccellenza, puoi sforzarti di pensare a qualunque cosa, anche la più strana, all’inimmaginabile, non ci sono barriere che l’oggetto non abbatte. Lo fanno con la voce amplificata da un microfono appeso al collo, perché la loro arma vincente è la totale disponibilità di entrambe le mani. Gestualità studiata, che disegna linee e curve nell'aria.
Tu assisti fino alla fine, e ti allontani con un sacchetto di plastica.
Poco importa se a casa, ti accorgerai che non userai mai quello che hai comprato o che il nuovo oggetto, nelle mani del venditore di sogni funzionava, e nelle tue è inanimato, poco importa, c'era un biglietto da pagare.

07 febbraio 2007

L'ALTRA FACCIA DEL CALCIO

Il calcio è sport, il calcio è divertimento, il calcio è tutta un’altra cosa.
I miei ragazzi dicono che il loro Presidente è femmina. Io dico che loro hanno ragione. La Dirigenza dell’Atletico ha detto che dovevamo dirlo anche agli altri, e scegliere una foto poco istituzionale per l’Almanacco 2006-07 della F.I.G.C. L.N.D. Comitato Regionale Molise. Ecco la foto selezionata!
Nel calcio si scherza, nel calcio si ride, nel calcio non si muore.
Ho scritto un post, doppiamente pubblicato, nel sito Tifosirosanero e nel blog Muddiki, dove c'è anche uno scatto dei miei mondiali, l'immagine dell'altra faccia del calcio, quella vera.
Lo so, me ne sono accorta, in Molise fa sempre più caldo, con un inverno non inverno. È colpa mia, del blog, che continua a ramificarsi in Sicilia.
Non è che per caso ci sarebbe un blog dolomitico dove posso infilare le mani??? Giusto il tempo sufficiente a far venir giù una bella nevica e a farci sciare un paio di giorni!!!

01 febbraio 2007

CIBO E SESSO

Stiamo per iniziare insieme un viaggio nel ricco mondo del binomio cibo sesso. Percorreremo le strade afrodisiache di peperoncini piccanti, fragole, cioccolato, tartufo, ostriche, miele, aceto balsamico, vino. Cibi che scatenano il desiderio per forma, per consistenza, per colore.
Fame di cibo che libera passioni, che ti fa venir voglia di fare l’amore per tutta la notte, e pure per tutto il giorno. Gusto di sapori che è vista di sguardi accecanti, olfatto di odori inebrianti, tatto di corpi caldi, udito di sospiri ansimanti. Desiderio, seduzione, eccitazione, fantasia ...
fantasia ... appunto, creatività, ed io non ho detto nulla di nuovo, non ho dato alcun apporto originale. Non va bene, per niente. Se voglio avere una qualche speranza di lasciare traccia sull'argomento, serve una frase mai scritta, che sia sintesi del legame cibo sesso.
Supermercato. Reparto gastronomia. È il tuo turno. Voce: “Serviamo il 69” ... apperò!!!