Partire tornare ... ripartire ritornare ... in un continuo inarrestabile viaggiare

20 novembre 2007

E L'ITALIA CHE VA


Eravamo io e la mia macchina. Fermi dove ci avevano indicato.
Accanto altre auto che come noi stavano in fila, a saturare lo spazio di un’area privata. Un posto dopo l’altro, nella speranza di avanzare, di superare la barriera ed andare ad occupare l’unico perimetro che contasse, di raggiungere la meta che avrebbe consentito di affrontare gli eventi futuri riducendo i rischi.
Ci eravamo subito resi conto della presenza di un’enorme quantità di gente, disposta a tutto. Un simultaneo pensiero si era impossessato delle nostre menti, al solenne annuncio diramato via media. Non potevano esserci fraintendimenti. L’emergenza era scattata e ciascuno di noi voleva evitare di restare, da solo, nella condizione che tutti stavano cercando di abbandonare.
Ed eravamo lì, con gli altri.
Era come se la vita intera si fosse ridotta a una strada da percorrere, su cui bisognava stare molto attenti. Una strada che poteva risultare faticosa, insidiata da una forza bianca capace di bloccare, ristretta da masse informi sui bordi, senza che si potesse fare nulla. Bisognava scongiurare la catastrofe, evitare la derisione da parte di chi non si era lasciato fregare, evitare di essere etichettati come chi non aveva voluto dar retta al suono della sirena, che assordante aveva riempito la città.
La fila cresceva ogni momento, il piazzale non era più sufficiente a contenerci tutti e il treno di vetture raggiungeva la strada. Un variopinto treno, fatto di auto di ogni genere, alla cui guida c’era l’altrettanto variopinto mondo dei guidatori. Le auto e i proprietari un po’ si somigliano, come si dice del cane e del padrone.
L’indomani il rito si era riproposto. Stesso copione con attori diversi e così il giorno dopo ancora, ma ormai non ci riguardava, eravamo salvi a meno che.
A meno che, pare che soffierà il garbino, in barba a chi si è affrettato a montare le gomme termiche!

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