Partire tornare ... ripartire ritornare ... in un continuo inarrestabile viaggiare

03 ottobre 2007

L'ACQUA DI SAN PIETROBURGO

Città di mare, ma dal mare doveva difendersi.
Era il 1703. Il capriccioso progetto di uno zar di costruire una città maestosa, là dove c’era il delta paludoso di un fiume, partì dalla realizzazione dalla Fortezza dei Santi Pietro e Paolo, mura perimetrali a difesa dello sbocco sul Baltico. Così il mare a San Pietroburgo resta distante, anche se si fonde con il delta della Neva e si mescola nei canali che squarciano, a decine, la città.
La città penetra il mare ed il mare penetra la città, in una confusione ordinata, in cui ciascuno sembra dover restare al suo posto. Ma San Pietroburgo, più di qualsiasi altra città di mare, ha bisogno dell’acqua del mare.
Città astratta, come lo è una città nata dal volere di un solo uomo e pensata a tavolino. Città ideale progettata da Pietro il Grande e per questo osteggiata dal regime sovietico. Città di eroica resistenza contro l’assedio tedesco. Città dai tanti nomi: Pietroburgo, Pietrogrado, Leningrado, affettuosamente Peter. Il mare no, non è stato tracciato sulla carta ed è rimasto sempre Baltico, con qualunque storia. Allora lo scegli come espressione di un’identità che senti il bisogno, la necessità di cercare, di fronte ad una geometria talmente perfetta da diventare finzione. Allora quel mare che appare minaccioso e distante, che doveva essere tenuto lontano, entra fino in fondo.
E se si fa fatica a chiamarla città di mare, prigionieri degli stereotipi che bloccano la mente, è città d’acqua. Acqua che riflette l’errare dei personaggi di Dostoevski, nelle tenebre della notte, tra le ombre di ponti e di segreti cortili. Acqua che amplifica la luminosità dei tramonti, riflessi sui colori delle facciate dei palazzi nobiliari. Acqua che cade dal cielo, scrosci di pioggia frequenti e improvvisi, che bagnano, che devono bagnare. Lo sanno bene i suoi abitanti. Mai l'ombrello. Loro la pioggia l'amano, perchè hanno capito, come me, che è l'acqua a rendere vero ciò che si voleva ingabbiato nella perfezione.

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