Partire tornare ... ripartire ritornare ... in un continuo inarrestabile viaggiare

04 settembre 2007

INTRIGHI INTERNAZIONALI


Aveva un’aria rassicurante, un viso simpatico, un nome amico: Romano, Roma per gli amici. La sua copertura era un impiego presso un negozio di attrezzature fotografiche nel centro di San Pietroburgo, lo Yarky Mir al civico 1 della via Nekrasova.
Con gli stranieri, al fine di rassicurarli, aveva sempre un atteggiamento cordiale, di estrema disponibilità. Appena gli veniva chiesto se parlasse inglese, gli avevano insegnato a comportarsi in un determinato modo. Scuoteva energicamente la testa ed, immediatamente dopo, sollevava le spalle allargando le braccia in modo da mostrare entrambi i palmi delle mani, quasi a voler dire: mi dispiace ma fidati di me, ti aiuterò. Le sue buffe espressioni erano l’ultimo trucco meschino su cui il KGB lo aveva indottrinato.
Lei aveva varcato la porta del nogozio non sapendo di essere in trappola. L’avevano seguita fin dal primo giorno, da quando nel mezzo della Piazza Rossa aveva interpretato il suo ossimoro fotografico, il saluto romano nella roccaforte comunista, versione diurna e versione notturna. Questo non potevano perdonarglielo. E poi c’erano gli scatti fatti ai militari in giro per la città, in servizio ai posti di blocchi, le istantanee dei controlli della polizia. In Metropolitana si era lasciata fotografare tra la gente di Mosca. L’ordine era chiaro. Quelle foto non avrebbero mai dovuto varcare il confine ed essere postate su Flickr.
Il piano era stato organizzato nei minimi dettagli. Il liquido corrosivo, dall'aspetto di acqua minerale naturale, era stato collocato nella stanza 4034 dell’Hotel Mosca di San Pietroburgo. Lei aveva infilato la bottiglietta in borsa, come ogni mattina ed il liquido, mosso dalla sua andatura, facendo pressione sul tappo, si era riversato all’interno, iniziando la sua azione distruttiva. L’obiettivo della digitale era completamente annebbiato, ma le foto ancora presenti nella memory card. Il KGB aveva fatto in modo da condurla nel loro punto vendita, dove l’agente Roma la stava aspettando. Poche mosse. Il tentativo simulato di ripristinare l’apparecchio ormai impazzito, apparentemente refrattario alla pressione su qualsiasi tasto. Nella realtà i contatti interni, mossi dalle abili mani del personale del KGB, stavano cancellando le foto più significative di Mosca. Lei era ignara, felice di aver concluso una trattativa di acquisto di una nuova digitale e di aver aumentato i suoi pixel. L’indomani la scoperta. Per impedirle di tornare a Mosca, alcuni italiani, spie sovietiche, l'avevano sottoposta alla tortura del solletico, le avevano fatto indossare abiti rossi ed entrare in testa il comunismo. Ma qualcosa era miracolosamente salvo e San Pietroburgo l'aspettava.

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