MURA MENEGHINE
La casa si trovava in un cortile interno di corso San Gottardo. La prima volta che la vidi ero con Marco. Era stato lui a dirmi che si affittava un appartamento lì, e mi ci volle portare subito: “Dai , così vieni a vivere qui, ed io posso vederti passare in bicicletta ogni giorno”.
Dal portone sulla strada, era necessario camminare attraverso tutto il cortile. Mi sembrò lunghissimo, circondato com’era da mura bisognose di una rinfrescata. Ma quella sensazione durò poco perché, negli anni a venire avrei, invece, voluto dilatarne il tempo di percorrenza all’infinito.
Quel giorno non sapevo ancora che, ogni singola pietra mi sarebbe stata familiare e che, dentro quel cortile, mi sarei sentita sempre al sicuro, anche da sola, nel buio. Quel cortile, quelle mura, erano destinate a diventare casa, al pari del bilocale al primo piano dove fui condotta. Avevo camminato lungo una ringhiera che seguiva, secondo un ordine ben preciso, la sequenza porta, finestra, finestra, porta, finestra, finestra, porta, finestra, finestra.
La finestra di quella che sarebbe diventata la mia camera da letto affacciava su un altro cortile, circondato da un muro basso ed abitato da arbusti di altezza rilevante, tanto da coprire e sovrastare il cemento perimetrale.
Il letto era posizionato in modo che, stesi su di esso, era possibile vedere il cielo, spettacolo che diventava completo nelle notti di luna piena.
Affittai quella casa d’istinto, non immaginando che gli angoli delle mura di quel cortile avrebbero visto il primo sguardo tra me ed Emanuele, avrebbero ascoltato le nostre risate, avrebbero protetto i nostri baci. L’affittai senza pensarci, senza sapere che un muro può custodire una storia d’amore, perchè avevo già cominciato a giocarci con quelle mura.
Dal portone sulla strada, era necessario camminare attraverso tutto il cortile. Mi sembrò lunghissimo, circondato com’era da mura bisognose di una rinfrescata. Ma quella sensazione durò poco perché, negli anni a venire avrei, invece, voluto dilatarne il tempo di percorrenza all’infinito.
Quel giorno non sapevo ancora che, ogni singola pietra mi sarebbe stata familiare e che, dentro quel cortile, mi sarei sentita sempre al sicuro, anche da sola, nel buio. Quel cortile, quelle mura, erano destinate a diventare casa, al pari del bilocale al primo piano dove fui condotta. Avevo camminato lungo una ringhiera che seguiva, secondo un ordine ben preciso, la sequenza porta, finestra, finestra, porta, finestra, finestra, porta, finestra, finestra.
La finestra di quella che sarebbe diventata la mia camera da letto affacciava su un altro cortile, circondato da un muro basso ed abitato da arbusti di altezza rilevante, tanto da coprire e sovrastare il cemento perimetrale.
Il letto era posizionato in modo che, stesi su di esso, era possibile vedere il cielo, spettacolo che diventava completo nelle notti di luna piena.
Affittai quella casa d’istinto, non immaginando che gli angoli delle mura di quel cortile avrebbero visto il primo sguardo tra me ed Emanuele, avrebbero ascoltato le nostre risate, avrebbero protetto i nostri baci. L’affittai senza pensarci, senza sapere che un muro può custodire una storia d’amore, perchè avevo già cominciato a giocarci con quelle mura.
15 Commenti:
Alle mercoledì, giugno 13, 2007 7:21:00 AM , Robba12 ha detto...
Eggià, anche una cosa tanto sterile come potrebbe essere un muro, può avere molto da raccontare...
Alle mercoledì, giugno 13, 2007 8:25:00 AM , Anonimo ha detto...
Case di ringhiera milanesi. Bell'immagine.
M.
Alle venerdì, giugno 15, 2007 11:59:00 AM , Anonimo ha detto...
un Bacio alla sposa pinzero......
Alle sabato, giugno 16, 2007 6:52:00 PM , quetzal ha detto...
Accidenti!
Che bella fregatura per il povero Marco....
Alle domenica, giugno 17, 2007 11:46:00 AM , SCRI...... ha detto...
Perchè?!
Mi ha visto passare in bicicletta per diverso tempo!
Bella battuta, mi ha fatto sorridere molto, caro quetzal (?!)
Alle domenica, giugno 17, 2007 2:12:00 PM , quetzal ha detto...
E' perchè ci sono passato. Mai accompagnare una ragazza cui tieni a visitare case. Porta sfiga. La darà ad un altro...
Mi fa piacere averti fatto sorridere. Hai un sorriso stupendo.
E' uguale ad una person speciale per me che chiamo Princi.
Informati sul quetzal. Volatile misterioso, bellissimo, nobile, sacro ai Maya. Pochi hanno la fortuna di incontrarlo nella vita. Può scomparire per sempre da un momento all'altro.
Quetzal
Alle domenica, giugno 17, 2007 2:46:00 PM , SCRI...... ha detto...
Oddio, se si mettono a bloggare anche gli insospettabili con un nick, un giorno ci sarà anche mio padre!!
Alle lunedì, giugno 18, 2007 9:51:00 PM , Anonimo ha detto...
Mura che proteggono i baci...Sei una poesia...Hanno retto al tempo come le mura questi baci?
Una carezza
Andrea
Alle lunedì, giugno 18, 2007 11:35:00 PM , SCRI...... ha detto...
Scosse telluriche!!!
Alle martedì, giugno 19, 2007 2:11:00 PM , Anonimo ha detto...
A proposito di scosse telluriche e sconvolgimenti.
Mi hanno diagnosticato grave patologia da blog.
Scri aiutami!
Alle martedì, giugno 19, 2007 2:37:00 PM , Anonimo ha detto...
La miglior cura è l'astinenza.
Alle martedì, giugno 19, 2007 3:10:00 PM , Anonimo ha detto...
Facile a dirsi, difficile a farsi caro ex-blogger e tu lo dimostri.
Se sei qui vuol dire che non sei ancora un ex, a dispetto della tua identità.
Grazie del consiglio
Con simpatia
Alle martedì, giugno 19, 2007 5:29:00 PM , Anonimo ha detto...
Le case di Milano sanno ringhiare ricordi come poche altre;
i muri nascondono,proteggono, conservano e
lo fanno naturalmente;
non come le coorti arabe di sicilia, nate per creare ombre dove chiudere se stessi;
ed invece là ringhiere per condividere, fosse solo il bagno, fosse un quadrato di cielo;
se hai tempo, e se posso:
"Un amore" , Dino Buzzati;
ho trovato spesso qualcosa in comune tra voi due.
Ciao,
B.
Alle martedì, giugno 19, 2007 10:04:00 PM , Anonimo ha detto...
Le scosse telluriche non sempre distruggono...a volte sono una ripartenza...Laddove si trovi la forza per andare avanti e ricostruire....
Io spero a te sia successo questo e che quelle mura ancora osservino l'incanto. Questo è quello che spero per te.
Per me spero altro....
Andrea
Alle martedì, giugno 19, 2007 11:13:00 PM , SCRI...... ha detto...
Avrò tempo.
Il tempo dilatato delle case di ringhiera, dove ora si ristruttura e dove le scosse telluriche non fanno danni, almeno quelle avvertite da me.
Case nate per accogliere gli operai, che lì dentro, lasciando il resto della grande città fuori, hanno cercato di allontanare la nostalgia per la terra da cui erano partiti ricreando alcune sensazioni rionali, case che ora, quasi a voler vendicare quella gente, sono ambite. E chi vi entra, se ne ha le capacità, riesce a leggere sui muri, le storie vecchie come le nuove.
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